Bersani, D’alema, Speranza, tutta la minoranza contro la riforma costituzionale. Si fa dura per il premier abbandonato anche dal suo stesso partito.
Referendum, arriva il giorno del redde rationem. L’assalto della minoranza dem all’attuale classe dirigente del Pd in testa Renzi e la ministra Boschi. Si profila una rottura netta all’interno del partito che verrà di certo sancita durante la prossima direzione nazionale convocata per lunedì. Le scintille non sono mancate ancor prima di sedersi a discutere. Ad accendere la miccia l’ex segretario democratico Pierluigi Bersani che si è schierato apertamente per il ‘No’ in controtendenza al suo stesso partito ma condividendo la scelta con gran parte della così detta ‘minoranza’ interna. Assieme a lui anche l’ex capogruppo Roberto Speranza.
Bersani, “Da Renzi solo chiacchiere”
Il tempo dei convenevoli insomma è finito ed il referendum diventa sempre più lo spartiacque di una esplosiva situazione interna. Niente tocchi di punta con il fioretto, i contendenti impugnano lo spadone a due mani. La riforma per Bersani, in concorrenza con l’Italicum, cambierebbe a suo dire non solo le norme elettive ma addirittura la forma di governo, per questo l’ex ministro ha deciso di schierarsi per il No. Speranza e Bersani ingrossano le fila degli scontenti primo fra tutti Massimo D’Alema. “La promessa di modifica dell’Italicum? Chiacchere” così almeno la pensa Bersani che afferma come “Il tempo per le modifiche è scaduto”.
A Testaccio nasce il comitato ‘Democratici per il No’
La Pax insomma è definitivamente rotta. E così a Testaccio nella storica sede del Pd nasce il comitato per il ‘No’ all’interno dello stesso Pd. Tra i promotori un consigliere regionale del Lazio del Pd e l’ex portavoce dello stesso Pierluigi Bersani. Anche Il Pd insomma abbandona Matteo Renzi e la sua riforma costituzionale. Alla base della scelta la necessità di dare voce ai tanti sostenitori del Pd che hanno deciso di sostenere le ragioni del ‘No’ al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. C’è la paura di perdere il contatto con la base degli iscritti molti dei quali non sono d’accordo con l’attuale decisione di cambiare la carta costituzionale, almeno nei termini proposti dall’attuale governo di centrosinistra. Con questa mossa la minoranza Dem ha intenzione di recuperare gli scontenti e creare uno zoccolo duro contro l’attuale segretario e premier.
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