Gazzetta del Mediterraneo

Portopalo, ricordo di Santo Furnò

Portopalo, ricordo di Santo Furnò
13 luglio
01:37 2018

Son passati venti anni dalla prematura scomparsa di un esponente di punta del periodo delle radio libere e dei complessi portopalesi.

di SERGIO TACCONE. Venti anni sono passati dalla dipartita di Santo Furnò che a Portopalo è stato un pezzo rilevante del periodo, irripetibile e straordinario, delle “radio libere” degli anni 70 e del ritorno dei complessi locali nei primi anni 90. Santo se ne andò silenziosamente, quasi come a non voler disturbare, ma non senza soffrire, lasciando un vuoto profondo innanzitutto nella sua famiglia e nei tanti che lo avevano conosciuto e che con lui avevano trascorso tanti momenti. Tra questi c’è anche l’autore di questo pezzo. Con Santo ho condiviso soprattutto il biennio 1991-’92: due anni bellissimi, contrassegnati dalla nascita del gruppo musicale Effetto Serra, la band che nell’aprile del ’91 riattivò a Portopalo il fenomeno dei “complessi musicali”, spentosi dopo la fase mitica degli anni 70.

L’idea di mettere in piedi una band fu di Corrado “Ivan” Schifitto (chitarra) che chiese un supporto a Santo, suo grande amico di lunghissimo corso. Io fui l’ultimo ad essere contattato. Cercavano un secondo tastierista e per me fu bellissimo entrare in un gruppo che annoverava Tanino Taccone al basso, Lorenzo Oliva alla batteria, Dino Oliva alle tastiere e programmazione (era stato lui a suggerire il mio nome) e Peppe Quattrocchi alla seconda chitarra. Vennero aggregate anche due voci femminili: Graziella Curcio e Natalina Marina.

Santo – nome d’arte “Simone” – in origine doveva svolgere soltanto il ruolo di fonico, mettendo a frutto la sua abilità con mixer audio e microfoni, retaggio della sua esperienza radiofonica con la mitica RCP, quella Radio Capo Passero che – con invidia – i vicini pachinesi avevano ribattezzato “Radio Casciulu i pisci” (Radio cassetta di pesce).

In sala prove, però, tutto cambiò. Bastò provare un pezzo di Vasco Rossi, il suo cantante preferito. Santo si fece avanti senza indugi. “Datemi quel microfono, lo provo io questo brano”. Fraseggio pianistico iniziale e via con “Albachiara”. Nella piccola sala prove di via Giardina ci guardammo tutti stupiti: Santo interpretava quel brano in modo impeccabile. Da fonico a voce solista di riferimento: i brani di Vasco erano i suoi preferiti ma se la cavava egregiamente anche nelle interpretazioni dei pezzi di Battiato, Dalla, Bertoli e Battisti.

Cominciò un periodo di grande attivismo per tutti noi. Santo era al settimo cielo. Si procurò persino un’automobile, trovando di volta in volta anche un’autista per salire a Siracusa il sabato alle 13.30, aspettando la mia uscita dal liceo scientifico Corbino. E via verso Portopalo per le prove del sabato pomeriggio, passaggio che sanciva l’inizio del momento più spensierato della settimana. “Forza, persu ra casa c’aviemu i provi co gruppu”: così mi salutava Santo. E poi, lungo il tragitto verso Terranobile, ci ritrovavamo a parlare del nostro Milan che in quegli anni faceva faville. Santo capiva di calcio, non era un tifoso coi paraocchi. Parlare di football con lui era piacevole e persino  impegnativo. L’estate del 1991, l’anno della mia maturità, fu l’ultimo scampolo di adolescenza e spensieratezza. Ore e ore passate nella stanza di Santo a provare dei brani con la sua chitarra acustica, da proporre poi al resto del gruppo per allargare il repertorio.

La sera del 12 agosto fu il momento del primo indimenticabile live degli Effetto Serra. Un giorno memorabile. Quanta gente in via Garibaldi ! Quando, dalle casse del service di Santacroce, risuonarono le prime note di “Vita Spericolata”, si sprigionò immediatamente un applauso ininterrotto che ci fece venire i brividi. Santo non stava sulla pelle, con il suo cappello bianco in testa e la risata sincera e inconfondibile. Era il volto della felicità… Quel concerto fu per noi una piccola apoteosi di due ore e 45 minuti. Con il bis di “Albachiara” e il coro “Simone, Simone” che a ripensarci oggi, a 27 anni di distanza, mi fa venire ancora i brividi.

Il giorno dopo, entrando in una pizzeria di Portopalo, un bambino, figlio di una coppia di turisti, disse ai suoi genitori: “Guarda, il cantante di ieri”. Santo sorrise e fece un cenno di saluto al bambino. Memorabili le arrabbiature con Lorenzo il batterista che anche nei pezzi di Lucio Dalla usava pattern ritmici stile Deep Purple. Acquistò persino un pianoforte elettrico nell’allora negozio di Enzo Giuliano, altro suo e mio grandissimo amico,  mettendolo a disposizione della band.

Santo fu il primo ad accorgersi che tra me e Lina c’era qualcosa di più di una semplice amicizia (dal 1991 sto con lei, abbiamo messo su famiglia). “Cosa aspetti, Sergio, deciditi”: in questo modo mi spronava a fare il primo passo verso lei. E così fu. Sapevo del suo stato di salute precario. Andavo a trovarlo spesso. Un pomeriggio di quel giugno ’98, con lo sguardo che sembrava già rivolto in un’altra dimensione, mi disse: “Fra poco parto. Passa a salutarmi”. Ci stringemmo la mano come due veri amici. Associai quella sua frase ad un nuovo ciclo di cure che avrebbe dovuto affrontare. Non lo rividi più. Il 30 giugno arrivò la telefonata di Lina: “Santo è morto”. Mi accovacciai a terra in silenzio. Ogni volta che in radio passano i pezzi del “Komandante Rossi”, la memoria vola subito a lui. Non muore mai chi vive nei ricordi degli amici… E Santo Furnò, cuore milanista, amante della buona musica e persona sincera, vive ancora oggi !

Sertac

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