Al Teatro Politeama il racconto “Calcio perseguitato” di Sergio Taccone, con le musiche di Ugo Mazzei e le letture di Davide Sbrogiò.
di REDAZIONE. Tanti gli studenti presenti ieri al Politeama di Pachino (Siracusa) e, soprattutto, molto attenti alle storie di “Calcio Perseguitato”, il racconto del giornalista e scrittore Sergio Taccone, rabdomante di “storie di cuoio”, affidato alla sapienza e classe teatrale dell’attore Davide Sbrogiò. Un percorso che ha attraversato gran parte del secolo scorso, partendo dai quattro fratelli Starostin, fondatori dello Spartak Mosca, finiti nel gorgo dell’arcipelago gulag sovietico, perseguitati ma non vinti, arrestati, torturati ma non uccisi.
Nel Brasile dittatoriale, tra gli anni 60 e 70, agirono Vlado Herzog e Joao Saldanha, voci e menti libere, uomini dalla schiena dritta. Herzog, direttore del telegiornale di Tv Cultura, venne “suicidato”. Il suo caso è diventato famoso come simbolo degli abusi contro gli oppositori del regime. Nella storia del giornalismo, Vlado è uno dei massimi esempi di professionista capace e coraggioso, pronto a raccontare vicende tragiche senza temere nulla.
Saldanha, uno dei reporter più famosi del suo Paese, venne nominato ct della Seleçao quando la gran parte dei brasiliani lo conosceva soprattutto per i suoi articoli, scritti con la schiena dritta, contro il razzismo e la droga nel calcio brasiliano. Il suo Brasile giocava con due numeri 10, Tostão e Pelé: il primo come centravanti di manovra, Pelé più arretrato e libero di svariare. Al loro fianco, Saldanha piazzò altri tre giocatori estremamente offensivi: Rivelino a sinistra, Jairzinho a destra, Gerson regista arretrato.
Joao ignorò i diktat del dittatore Médici, che voleva in nazionale il suo pupillo Dadá Maravilha, cannoniere dell’Atlético Mineiro. “Il presidente scelga i ministri e lasci stare le cose serie”, fu la risposta di Saldanha che, malgrado i risultati strepitosi della sua nazionale, venne esonerato prima del mondiale del 1970. Se ne andò senza sbattere la porta, “perché i grandi uomini sono superiori a tutto, anche all’effimero sapore della vittoria”.
A curare la colonna sonora live del viaggio è stato Ugo Mazzei, vero fuoriclasse della canzone d’autore che maneggia con la stessa abilità con cui Diego Maradona controllava la sfera di cuoio. Con lui sul palco un trio di musicista di tutto rispetto: Saro Guarracino alla chitarra, Massimo Pennisi al basso e Sarò Calì alla batteria. Brani che hanno costituito uno spettacolo nello spettacolo, incastonato splendidamente tra un racconto e l’altro.
Il viaggio è poi passato dall’Ungheria degli anni 50, con la “Squadra d’oro” di Puskas che mancò solo la finale mondiale per poi essere dispersa dalla controrivoluzione sovietica del 1956. Ultima tappa nell’Argentina della giunta militare guidata da Jorge Videla, l’Hitler della Pampa.
Il 1978 fu l’anno del mondiale che si disputò proprio nel Paese argentino dove tanta gente diventava “desaparecida” o lanciata dai voli della morte con destinazione il Rio de la Plata. La finale mondiale viene ricordata per il palo colpito dall’olandese Rensenbrink, quasi allo scadere, e per i rifiuti del capitano dell’albiceleste, Jorge Carrascosa, che decise di non giocare il mundial organizzato dai sanguinari che con il terrore stavano governarono l’Argentina tra il ’76 e il 1983.
L’attività, autorizzata dal dirigente scolastico del Primo istituto superiore “Michelangelo Bartolo” di Pachino, Antonio Boschetti, è stata curata dalle docenti Sara Morana e Cettina Mauceri, collaborate dal docente Sebastiano Minardi. Una bella mattinata all’insegna del calcio come veicolo culturale capace di arrivare ai ragazzi che hanno sottolineato con scroscianti applausi il loro grande e sincero apprezzamento.
Redazione GdM
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