Noto – Settemila presenze in circa un mese, la riapertura della chiesa di San Domenico e il coinvolgimento delle scuole di Noto e provincia. Snocciolando questi dati Salvatore Celeste, presidente della Cooperativa Etica Oqdany della Diocesi di Noto, ha sottolineato quanto sia stato importante “fare rete” in occasione della mostra dei presepi che ha riscosso grande successo.
<<C’è stata grande sinergia – ha detto – e se è stata forte l’attenzione verso questa mostra lo si deve all’impegno di tante persone, dal direttore dei Beni culturali della Diocesi di Noto Salvatore Maiore, al vicario generale Mons. Angelo Giurdanella e a Corrado Di Lorenzo, amministratore della Cattedrale di San Nicolò. Ma l’impegno più grande, oltre a quello di tanti ragazzi che come il sottoscritto fanno sacrifici pur di rendere un servizio alla comunità, è stato quello dell’amministrazione comunale e del sindaco Corrado Bonfanti in primis, perché ha mostrato ancora una volta la sensibilità giusta nel favorire un evento simile. Pensate alla riapertura della chiesa di San Domenico dopo 30 anni – aggiunge Celeste – un fatto unico per i giovani che hanno potuto apprezzare la bellezza di quel luogo e un tuffo nel passato per gli anziani che hanno potuto riabbracciare un bene storico e culturale come quella chiesa>>.
In quel “fare rete” di cui ha parlato Salvatore Celeste, oltre al Comune di Noto, la Soprintendenza e i principali fautori dell’iniziativa, un ruolo fondamentale per la buona riuscita della manifestazione lo hanno avuto Rosario Bianco, Renato Pricolo e Catello Maresca, i quali hanno dato un importante contributo attraverso un convegno-dibattito organizzato durante la presentazione della mostra oltre che con i presepi a San Domenico.
E la partecipazione del <<netino più che del turista o dei ragazzi delle scuole – ha aggiunto Celeste che ha poi sottolineato anche il ruolo di Nicastro Del Lago per le mostre di San Domenico – è la cosa che più mi ha colpito. Perché non sono state solo visite di passaggio ma anche momenti partecipati, fatti di curiosità, apprezzamenti, coinvolgimenti. E tutto questo ci ha riempito d’orgoglio perché grazie al sostegno di tanti siamo riusciti a far rivivere questi luoghi come un tempo. Questa esperienza, in definitiva, ci deve insegnare che l’autosufficienza non significa essere capaci di fare tutto da soli ma imparare come si lavora con gli altri e rivolgersi a Dio per avere il suo aiuto e per ricevere forza nell’interesse di tutta la comunità. Gestire e “cullare” queste chiese, come facciamo da sei anni a questa parte, porta a questi risultati con il sostegno e la sensibilità di chi ci governa>>.
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