Oltre 600 pezzi di una collezione privata per la quale nel 2007 è arrivato pure il riconoscimento della Regione siciliana.
DI TURI MONCADA. “Vi racconto la storia di Pachino dalla fondazione, all’arrivo dell’energia elettrica”. Il museo del vino del signor Emanuele ‘Nele’ Nobile è un piccolo spaccato che narra, attraverso la cultura della vinificazione e della lavorazione dell’uva, la storia della città. Pachino per decenni, prima ancora delle serre e del pomodoro, ha basato la sua economia proprio sulla produzione vitivinicola. Una storia che per vicende e vicissitudine è stata legata a doppio mandato a quel mosto dolce e pregiato conteso al nord e all’estero. (nella foto in alto Nele Nobile che regge u panaru ro n’zitaturi)
Più che un museo quella di Nobile è una collezione privata di oggetti riconosciuta nel 2007 anche dalla regione Siciliana e dal dipartimento dei beni culturali. Un piccolo gioiellino senza tempo ricavato all’interno di una struttura che all’epoca fu un antico palmento con annesso magazzino. Si trova dentro la città in via Fiume ed è meta annuale di centinaia di turisti. Tra i più affezionati i giapponesi ma anche tedeschi, inglesi e francesi. A fare bella mostra all’ingresso, la ‘milordina’, carrozza nobiliare di fine ‘800 tutt’ora in uso al signor Nele amante delle passeggiate a cavallo. E poi c’è l’immancabile e ‘sempreterno’ carretto siciliano, quello di Nele Nobile risale al 1929, costruito a Sortino dai maestri Zuppardi e Sardo
“Ho iniziato negli anni ’90 a collezionare i pezzi contenuti nel museo. Più di un centinaio sono stati riconosciuti dal dipartimento beni culturali della regione siciliana come oggetti di eccezionale valore etnoantropologico”. La passione di Nele Nobile lo ha portato piano piano a raccogliere, selezionare e catalogare oltre 600 oggetti di vita quotidiana legata al lavoro dei campi ed alla lavorazione dell’uva e del mosto. Una passione trasmessa dalla sua famiglia, produttrice di vino e proprietaria di vigneti, a partire da nonno Francesco che mise su l’azienda agli inizi del 1900.
“La collezione esiste probabilmente perché sono un nostalgico. Ma anche perché non mi sono mai rassegnato all’idea che un pezzo di storia della mia città finisse nel dimenticatoio. Una storia che ha camminato per decenni di pari passo con la produzione vinicola e con le vigne, io stesso l’ho vissuta in prima persona a cavallo degli anni ’60. – spiega Nele Nobile -. Il progresso fa il suo corso, ed è giusto che sia così. Ma forse in pochi sanno o ricordano, che c’è stato un tempo in cui per raggiungere il porto di Siracusa si impiegavano in media 11 ore con il carretto carico di ‘carrateddi’ riempiti con il mosto pachinese”. E proprio al porto di Siracusa le navi attendevano i ‘carichi’ di Pachino, un mosto tra i più pregiati della Sicilia. E poi via, alla volta di Genova.
“Questa collezione vuole essere anche una sorta di monumento a ricordo di tanti lavoratori pachinesi che nelle vigne e nei campi spesero la loro vita – spiega ancora Nele Nobile con un pizzico di commozione -. Le condizioni di lavoro non erano di certo quelle attuali, il ché era dovuto principalmente all’arretratezza tecnologica. Nel periodo storico al quale mi riferiscono, non c’erano macchine, camion o trattori. La fatica del lavoro nei campi era immane. Se oggi Pachino è quello che è, dobbiamo dire grazie a chi ci ha preceduto, a chi ha faticato per una vita interna curvo a zappare la terra. Lavoratori instancabili dediti alla famiglia ed al loro pezzo di terreno: a loro deve andare la nostra stima ed il nostro rispetto”.
E così tra i pezzi collezionati, Nele Nobile annovera la bicicletta ‘ro iurnataro’ con la zappa e la coffa attaccate dietro. Ma anche il carretto con le sedie per permettere alle donne di sedere ‘comode’ nel tragitto tra la casa e i campi. E poi lo storico ‘panaru ro n’zitaturi’, il cesto, fornito di tutti gli attrezzi, utilizzato da quello che all’epoca era considerato un operaio specializzato: colui che praticava l’innesto alle piante. “U nzitaturi era considerato il chirurgo delle vigne .- ricorda abbozzando un sorriso Nele Nobile – in quel cesto c’era di tutto. U n’zitaturi custodiva gelosamente la sua arte – rievoca il signor Nele Nobile -. Ne ricordo uno che, inginocchiandosi sul terreno, copriva con la giacca aperta a ventaglio la vite alla quale stava lavorando, la nascondeva alla vista degli altri, mentre con la mano libera praticava l’innesto. Non voleva che i presenti guardassero, per timore che potessero carpire la sua tecnica, insomma ‘rubare’ i segreti del mestiere”.
E ancora ci sono le ‘scarpe del pigiatore’, il carretto con la tina e quello con i carrateddi 8 per la precisione per complessivi 96 litri, una vera e propria unità di misura del mosto. Torchi, viti e macchine per spremere l’uva a manovella, più moderne, anche se completamente in legno, una vera rarità. Immancabile la bacheca fotografica che ritrae scene di vita dell’epoca. E ci sono pure le foto che ricordano l’esistenza in via Fiume, siamo a metà degli anni ’60, di un bananeto di proprietà della famiglia Nobile, circa 5 mila piante. “Fornivamo banane a tutti i ristoranti di Siracusa – ricorda il signor Nele – almeno prima dell’avvio dell’importazione della ‘somala’ dall’Africa”.
In ricordo delle antiche tradizioni il signor Nele Nobile, in collaborazione con l’associazione Terra Mitica organizza ogni anno la “Festa della pigiatura” nei locali della cantina e del museo. Quest’anno si farà il prossimo 20 agosto. Per maggiori informazioni è possibile inviare richiesta alla mail: ombrettaparma@circoloterramitica.net o collegarsi al sito della cantina.
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