Il crollo dell’arco della tonnara ha suscitato sentimenti di tristezza e rammarico sia nei cittadini avolesi, che nel monumento identificavano la propria storia economico-lavorativa, sia nei turisti che hanno immortalato l’arco in molti loro scatti. Ha espresso particolare dispiacere per l’accaduto l’architetto ed artista di Velletri (Roma) Emanuel Acciarito che proprio nel mese di agosto aveva avuto modo di raffigurare l’arco in un dipinto di 2 metri per 1 metro realizzato a tre mani con i colleghi pittori Valentina Sammito di Marzamemi e Giuseppe Murdaca di Reggio Calabria. L’architetto Acciarito ha voluto, tramite un’intervista, esprimere i propri sentimenti nell’aver appreso la notizia del crollo dello storico arco della tonnara dando anche ujn contributo da “tecnico” ed addetto ai lavori:
- cosa ha rappresentato per lei l’arco della tonnara la prima volta che l’ha visto?
“Per me ha rappresentato da subito un’ opera d’arte, quella che fa di un rudere, un’ opera figlia legittima del lavoro dell’uomo e del processo della natura ma anche cornice naturale di un paesaggio dove era bello sentirsi parte integrante di essa nel momento in cui la si ammirava, toccava, fotografava o disegnava. L’antico borgo marinaro è stato la prima parte della città che ho avuto modo di andare a visitare. E confesso che è stato subito amore a prima vista. In un’area circoscritta dalla natura e da quell’architettura che ha i segni della storia, quella che ha la forza e la voglia di raccontarti come se fosse viva, le fatiche del passato della gente che l’ha vissuta tra mare e terra, aveva tutti gli
elementi a me cari da sempre. Il mare, il sole e la terra di un’isola che con il suo simbolo, il suo paesaggio e le sue architetture focalizzava li in quell’area un connubio di sentimenti e buoni propositi, quelli belli e positivi, quelli da condividere con le persone speciali partite con me, quelle con le quali stava iniziando un’avventura e stava iniziando proprio da li, sotto quell’arco, sotto quell’ architettura, che per il suo disegno stava significando per me non un punto di arrivo ma il punto di partenza del mio nuovo viaggio. Non è un caso infatti che in una delle prime occasioni ufficiali, dove sono stato chiamato a rapportarmi con il territorio, io lo abbia fatto realizzando un’opera di pittura
estemporanea, eseguita per il progetto nazionale Sicilia2 in gocce, traendo proprio li in quel luogo, quello dell’area dell’arco della tonnara, zona nella quale si stava celebrando l’Ottava di Santa Venera, l’ispirazione giusta del mio bozzetto. E proprio quella parte di rudere è stato per me da subito la fonte di ispirazione di un’opera dedicata alla stessa città dove il “monumento” della tonnara è stato visto come lo scenario giusto per quella visione la quale protagonista indiscussa della scena è stata proprio una donna siciliana, la musa con la quale ho anche avuto il piacere di condividere con lei la realizzazione della stessa opera, la pittrice Valentina Sammito. Dunque in quell’ opera realizzata a tre mani anche con la partecipazione del collega architetto e pittore Giuseppe Murdaca c’ è la testimonianza di un momento nel quale l’ arte, il cuore e la mente hanno trovato nella tela e nello stesso territorio dove si stava dipingendo, un legame forte e magico che ha reso il tutto un’opera unica perché incorniciata dall’immagine stessa del disegno di un monumento che oggi acquisisce un valore aggiunto al ricordo perché trattasi di un pezzo della città di Avola che stiamo rimpiangendo”.
- cosa ha provato appresa la notizia del crollo dell’arco?
“Ho provato tanto dispiacere e tanto rammarico pensando alla gravità di quanto mi stavano riferendo ma anche tanta rabbia per la perdita di una immagine simbolica alla quale come un qualunque altro avolese ero anche io oramai affezionato e legato . Oggi purtroppo mi ritrovo a commentare con lei, a distanza di qualche giorno dall’accaduto, un fatto, quello della città di Avola, con la consapevolezza che questo poteva sicuramente essere evitato. Per questo motivo la mia riflessione mi porta a domandarci: è normale che nel 2015 dobbiamo essere testimoni della perdita del nostro patrimonio storico, artistico e culturale del nostro paese senza sentirci tutti colpevoli per non fare mai abbastanza per la sua salvaguardia? La domanda è posta in maniera generale perché il problema non è solo del Comune di Avola ma anche di tanti altri comuni italiani i quali dal più piccolo al più grande, ogni giorno si ritrovano nelle stesse condizioni di dover fare i conti con la perdita definitiva di brandelli significativi della propria storia per colpa dell’incuria dell’uomo che non è in grado di mantenere nel tempo ciò che lui stesso ha costruito. Verrebbe semplice dire che la risposta la potremmo trovare nell’amplissimo dibattito aperto oramai da moltissimi anni sul recupero e valorizzazione delle rovine dei centri caratteristici del nostro paese se questo ad oggi avesse portato a delle risposte e ai dei fatti chiari e concreti. La città di Pompei è un esempio. E stiamo parlando di una città che ha una storia millenaria che tutto il mondo ci invidia ma che nonostante tutto ciò, pure se è inserita sempre a capo di ogni dibattito o tavola rotonda, la stiamo comunque lasciando franare senza pensare a quanto stiamo effettivamente perdendo. E la stessa cosa vale anche per i piccoli o medi comuni i quali non possono sottrarsi dal dibattito solo perché non sono sotto i riflettori della cronaca nazionale. Ma di fatto è vero anche che questo dibattito così come accennavo, concretamente non ci sta portando da nessuna parte. La discussione è troppo mirata a spostarsi da un tavolo all’altro in cerca di un colpevole, quello della nostra società, quella nostra, di cui facciamo tutti parte con uguali responsabilità, quella dove mettiamo continuamente sotto accusa abitanti, progettisti, politici e sociologi non rendendoci conto che così facendo allontaniamo definitivamente sempre di più il problema dal campo di azione oramai urgente del recupero e della valorizzazione del nostro patrimonio. Pertanto è fondamentale che nel dibattito si sottolinei che di fronte alle bellezze di un territorio, sia che esse siano opere d’arte vere e proprie o ruderi e rovine che in quanto tali e per la loro storia, estetica e ubicazione possano restituire alla società di appartenenza un’immagine di rappresentanza da tramandare nel tempo, occorre una maggiore sensibilizzazione delle coscienze sul tema e soprattutto occorre che si snelliscano per il bene comune, sempre più gli iter normativi e burocratici necessarii per la loro salvaguardia. Altrimenti così come è accaduto in questi giorni ad Avola, ci ritroveremo a piangere di nuovo il tempo perduto a programmare interventi da fare, mentre la nostra architettura, quelle che ha reso i nostri comuni unici al mondo per la loro storia, trasformi da materia da ammirare a maceria da raccogliere”.
- per un’ artista come lei che è un architetto, scultore e pittore, cosa vede in un rudere e in particolare cosa ha visto nel rudere dell’ arco della tonnara?
“Per me un rudere è un brandello di materia che lotta tra la vita e la morte continuamente contro il tempo. E pensare a questa materia, abbandonata spesso a se stessa, informe, frammentaria, incompleta e fragile che cerca di proseguire con la sua resistenza contro l’azione del tempo me la fa immaginare come un corpo vivo, plastico e in permanente movimento. Questa elaborazione mi permette di maturare, intorno a quel frammento di costruzione una concezione personale, che basa intorno al fattore mutabile nel tempo della sua stessa materia, la ricerca continua della sua immortalità. Questo, attraverso la continua rielaborazione storica ed estetica della sua immagine rende quel rudere un’opera d’arte perché è espressione contemporanea della sua stessa resistenza e forza al resistere nel tempo. Ecco perché penso tantissimo al fatto che ogni rudere, piccolo o grande che sia, possa passare da essere semplice avanzo di antica costruzione con segni confusi e quasi dimenticati a monumento urbano, icona e opera d’arte da associare all’intero contesto dove esso vive come immagine copertina per la promozione dello stesso territorio. Nell’arco della tonnara ho riconosciuto un’opera d’arte la quale da sola poteva promuovere la comunicazione di tutta la città”.
- oggi, come si potrebbe intervenire nello spazio della tonnara dopo questo spiacevole fatto?
“Sapendo che esiste già un progetto di restauro il quale prevede già una riqualificazione dell’ area della tonnara in struttura alberghiera a fruizione museale è auspicabile che il progetto continui il suo corso ma che lo faccia a breve termine tenendo conto anche di ciò che è accaduto in questi giorni. Oggi non possiamo immaginare l’area della tonnara senza il suo arco posto li dove sorgeva fino a qualche giorno fa. Perché è evidente che a quell’area manca una parte di se, molto simbolica alla quale resta difficile pensare che non sia un dovere programmare un intervento capace di ridare a quel luogo la propria e degna simbolicità. Pertanto suggerisco che potrebbe essere interessante approfittare dell’occasione per dar vita ad un concorso di idee che abbia la finalità di individuare un progetto che reinterpreti in chiave artistica quello che è stata l’immagine dell’arco in modo da ricreare li un punto di partenza in grado di dare il “la” ad altre interessanti iniziative, consistenti in allestimenti esterni permanenti di altre opere di altri artisti che possano regalare ai visitatori esperienze e luoghi mai vissuti prima, senza dimenticare mai quelle che sono le memorie, i ricordi e i segni di quel luogo passato. Insomma dare all’arte la possibilità e il compito di intervenire ridando nuova vita a ciò che resta della vecchia tonnara e a ciò che è stato progettato per la stessa area è secondo me la strada preferibilmente buona e giusta per continuare a salvaguardare e promuovere nel tempo questo importante patrimonio storico, artistico e culturale della città di Avola”.
- quali potrebbero essere i suoi principi guida in fase di una nuova progettazione dell’area della tonnara?
“Partendo dal presupposto che si sia già prevista nell’attuale progettazione una fase nella quale si dia maggiore priorità a tutto ciò che resta dell’antico con un restauro preventivo ed uno effettivo necessario e urgente per la sua salvaguardia, i principi guida per la nuova area non possono sottrarsi dal non essere collanti con il vecchio. Tutto deve partire dalla memoria di quello che è stato perché è solo da li che cresce una città e una propria identità forte e duratura nel tempo. Pertanto seguendo il ragionamento fatto fino adesso sarà importante per la nuova identità dell’area, ripartire da ciò che ha appartenuto al territorio, da ciò che ha fatto parte della storia locale della città, da ciò che ha reso da sempre riconoscibile il paesaggio dell’ antico borgo marinaro. In poche parole secondo me tutto deve partire dall’immagine dell’arco della tonnara, soprattutto adesso che è stato perso è augurabile che il primo principio guida fondamentale per delineare tutto il lavoro sia quello di assegnare alla nuova figurazione dell’arco il compito di collante tra il nuovo e il vecchio, affidando ad esso l’aspetto “concept” dell’intero nuovo complesso in modo che esso possa restituire alla città la figura iconica perduta. E poi il vecchio legato al nuovo con infrastrutture integrate ai flussi pedonali, ciclabili e carrabili permeabili all’area, con predisposizioni di spazi da destinare ad opere d’arte di piccole, medie o grandi dimensioni da installare per mostre permanenti o temporanee lungo tutti i percorsi necessari a rendere l’area ben ramificata con il suo contesto, possono essere altri principi ai quali dare importanza per rendere il sito un modello spaziale di micro città museale, aperta e accessibile alla città a tutte le ore della giornata. Insomma condivido a pieno le attuali scelte progettuali che prevedono di dare all’area una destinazione museale. Mi auspico che tale premessa venga effettivamente concretizzata e con coraggio si punti molto sull’arte contemporanea come messaggio di continuità fra l’antico e il moderno, scommettendo tutto sull’arte che è capace di sconfinare e comunicare al mondo con il linguaggio universale dell’immagine, quella che va oltre il già pensato, quella che viaggia nel tempo, quella che scaturisce la scintilla creativa giusta in grado di rendere l’area della tonnara la grande expo delle arti nella quale potersi immergere per una visita capace di lasciarci una esperienza unica nel suo genere”.
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